venerdì 25 aprile 2008

Platone, un cattolico isaitico

Oggi è giornata, ce l'ho con i preti per ragioni intime, ma così intime da dovermi procurare un neutromed per sgrassarmi di loro.
Avessero letto il Platone, già, Platone...Farebbero più bella figura quando aprono bocca questi teologiuzzi dalla perla facile e dal pirla a comando.
Tra ebraismi, esegesi, esegiasi, esegiosi, mi par di essere una capra che ristagna nel prato quando il suo posto è tra le vette.
Sono ignorante, puzzo persino, accompagno qualcuno quando morde tappeti e si rotola tra le ossa; se Cristo si è fermato a Eboli, la mia cronologia si è fermata all'800 e non mi muovo di qui fino a che ritornino a prendermi per tornare a casa.
Platone dicevamo, Platone...
Nel Secondo Libro della Repubblica (non il giornale di Mauro, achtung!) il filosofo della seconda navigazione di cebetica memoria descrive in Times New Roman il profilo del giusto, e per giunta, senza piantar ulivi a Gerusalemme.
"Un uomo semplice e nobile il quale, come dice Eschilo, non voglia sembrare ma essere buono.
Bisogna dunque togliergli l'apparenza della giustizia, giacchè se apparisse giusto avrebbe onori e doni per tale apparenza e non risulterebbe chiaro se sia giusto per amore della giustizia o degli onori o dei doni, perciò va spogliato di tutto. [...]
Abbia egli massima fama di ingiustizia, flagellato, torturato, legato....[...] dopo aver sofferto ogni martirio, sarà crocifisso."
Oddio. Leggiamo Isaia 53, uno dei passi più belli dell'intera Bibbia:
"Disprezzato e reietto dagli uomini,uomo dei dolori che ben conosce il patire,come uno davanti al quale ci si copre la faccia,era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima...[...] Noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato....[...] Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità."
Beata ignoranza, i cui figli pare che vengano allevati proprio nei Seminari e nelle Università Pontificie.

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