lunedì 23 giugno 2008

Cacciato un giornalista dal Vescovo

La notizia è battuta sulle agenzie come i tamburi di Moria. E chissà che non esca ora, questione di minuti, il solito orco delle caverne anticlericale, o la ciabattina cattocomunista a inveire o aggrottare la fronte perchè la chiesa così, la chiesa cosà...

Mbè, quello che Mons. Mattiazzo, Arcivescovo di Padova, uno che la gavetta l'ha fatta come Nunzio in Africa, titolare della sua Diocesi da ben 23 anni, ha fatto è cosa buona e giusta e non sta a noi contare i peli della vicenda.
Un Vescovo è Re nella sua Diocesi e può fare quello che vuole, quando vuole.
Come successore degli Apostoli, egli ha ereditato per diritto divino, e come anche ricorda il nostro blog, il triplice potere di istruire, di santificare e di governare una porzione del gregge di Cristo (Mt 28,19).
Dov'è il problema? Nelle maniere? Ognuno ha quelle che ha.
Nell'inopportunità dell'azione pubblica? Sappiate che, nel momento in cui il sig. Gianni Biasetto ha varcato la porta della chiesa, si è sottoposto al giudizio e alle regole del padrone di casa, il parroco, che ne ha giurisdizione: e, in specie, al Vescovo, che di tale giurisdizione ne è il responsabile.
Ritenendolo evidentemente inopportuno in quella circostanza, Messa o non Messa, e ricordandosi che prima lex est salus animarum, lo ha trattato come un comune penitente, il quale si può tranquillamente allontanare dalla chiesa per non destare scandalo nei fedeli (ricordo, a tal proposito, che per scandalo si intende la possibilità offerta ai fedeli di proporre modelli sbagliati e insidiosi di condotta e statura morale).
Per di più, è penitente contumace, non essendosi presentato in foro esterno al giudizio del confessore (poichè il vescovo ha ravvisato nei suoi articoli o nella sua cronaca dei fatti un atteggiamento pregiudiziale e professionalmente scorretto, oltre che oltraggioso).
Di qui al fatto il passo è breve e il contumace, convinto di aver riprodotto esattamente e con solerte e specchiata buona fede i fatti, si è visto trattare come dovrebbero trattarsi i flentes, coloro, cioè, che non dovrebbero essere ammessi al Sacrificio Eucaristico poichè in grave debito con il tribunale del sacramento della Confessione.
Il vescovo ha esercitato le sue funzioni e con un atto di governo, insindacabile (poichè la Chiesa non è democratica, checchè ne pensino Bindi, Prodi e Franceschini vari), ha sbattuto fuori un pettegolo arrivista.
Tutto qui.

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