L'ineguaglianza degli uomini
Senza l'assoluto rischio della trascendenza, tutto è uguale, poichè la differenziazione gerarchica è priva dei suoi costituenti fondativi: l'asse assiologico risulta essere sostanzialmente orizzontale.
L'uguaglianza degli uomini è un reato contro la natura.
Come altrove accennato (La Modernità), la modernità si costituisce come frattura, perversione che non smette di affascinare anche le frange più reazionarie, o sedicenti tali.
Nemmeno il cattolicesimo ne è immune, giacchè il Novecento segna l'ingresso compiaciuto della eresia nelle prassi pastorali, offrendo, altresì, la possibilità non remota di corrodere il telaio dottrinario fin qui ancora mondo da certe concessioni.
La combustione del pensiero filosofico occidentale deve alla crisi della metafisica il suo principio reattore. La modernità non è che la manifestazione di processi dissolutori della tradizione, della cabala così come giunta e custodita fino a noi.
Ad un certo punto della storia, si introdusse una prassi intellettuale di demolizione dei fondamenti che da sempre costituivano i principi della società a direzione aristocratico-religiosa. La civiltà, fin lì, aveva sempre riconosciuto come uniche sorgenti di legittimazione morale del potere politico tre attività nobilitanti: l'amministrazione del Sacro, l'arte della guerra, il lavoro della terra.
Si concordò di opporsi a quelle coordinate di comprensione del mondo, ponendo tra parentesi l'esperienza cristiana (liquidata col termine di "Medioevo") e costituendosi arbitrariamente senza soluzione di continuità in contatto con la cultura classica.
Nacque l'Umanesimo.
L'aristotelismo era inadeguato per la soluzione della complessità del mondo e la trascendenza scese al rango di mera ipotesi affiancata ad altre di altro tipo. La spinta soprannaturale delle cose è ormai sperimentata come un fatto privato (ben prima, quindi, delle arroganze laiciste della rivoluzione totalitaria francese), oltre il cui solco v'è soltanto superstizione.
Da qui la motivazione della ribellione luterana: è l'annuncio dell'eclisse di Dio come partecipazione istituzionale, corale, sociale, come ermeneutica stessa della società.
Si articolerà poi, ma trovando il suo fondamento in questa nuova configurazione culturale, la secolarizzazione dell politica e una vera e propria trasfigurazione religiosa della sovranità, dove, mancando la ricapitolazione trascendentale delle cose, lo Stato si prevede fondamento della morale e vero e proprio potere spirituale. Cesare è Dio.
L'atomizzazione della civiltà agraria, dunque, rende possibile lo sviluppo di un'etica che riconduce l'individuo all'esterno del perimetro di valori costituito dal binomio di sangue e suolo. La nuova economia, peraltro, ideata e avviata proprio in Italia, disarciona l'uomo dai contesti identitari che lo caratterizzano, lo specificano, lo "fanno". La nuova logica del mercato è astratta, fumosa, il mito umanista dei diritti universali è astratto, la chimera dell'universalismo profano è astratta.
Non c'è più l'uomo, quello vero che vive e parla una lingua, che ha una religione ed è parte di una comunità, inserito in una storia e latore di una specifica cultura (in qualche modo, l'uomo dei capp. 2 e 4 della Germania di Tacito): c'è l'appiattimento, prima che sociale, antropologico di un uomo identico agli altri.
Privato della sua naturale tensione oltretombale, trascendente, l'uomo è belva.
Come una belva, infatti, l'uomo moderno scopre un orizzonte di terre inesplorate, l'abisso etico, la privazione del senso: nasce anche il romanzo moderno, dove però l'eroe non è più Enea che si fa carico del padre Anchise, la Tradizione. L'estinzione delle antiche classi dirigenti militari e spirituali lascia il mondo sgomento.
La fine del Kathekon
La teoria gelasiana dei duo luminaria e la filosofia tomista affidano al potere temporale la funzione di Kathekon, l'"ostacolo" al prevalere delle forze dissolutorie dell'Anticristo.
L'Impero Romano prima (non a caso Cristo "sceglie" quel momento per l'Incarnazione, in un momento in cui l'ordine era fondato sul diritto e garantito da un'autorità), il Sacro Romano Impero dopo, rappresentarono storicamente il kathekon dell'Occidente, il contenimento e la preservazione da volontà esogene di smarrimento dei principi costitutivi della Cristianità europea. Il presidio della verità cattolica in tutta la sua pienezza e la sua intemerata predicazione aveva il potere di frenare lo sviluppo della perversione e delle forze del male anche nel mondo laico e fra i non cristiani: era, quindi, il kathekon, soprattutto un disegno di organizzazione metapolitica della società.
Oggi, invece, una tipologia di organizzazione semplificatrice, antigerarchica e anticastale egemonizza e guida i progetti di costruzione del patto sociale fra i soggetti: l'ideologia democratica.
Ideologico è, infatti, l'assioma della semplificazione dell'uomo. L'ineguaglianza, viceversa, non è ideologica poichè la sua stessa missione è quella di restituire l'uomo alla complessità delle sue dimensioni plurali, alla eterogeneità delle sorgenti di formazione , alle varie declinazioni esperienziali: il ripristino della poliedricità nell'ordine. L'ineguaglianza è Ordine, poichè ramifica il corpo sociale in ulteriori corpi e articolazioni organiche, in cui il processo di accoglimento della universalità è mediato e non traumatico, non conflittuale.
La blaterata uguaglianza è frammentazione, è polverizzazione patologica dell'uomo scaraventato in un mondo nato sull'assurdo storico del primato della ragione.
Il Medioevo aveva reso architettonicamente questa verità attraverso lo stile gotico. Dante con la Divina Commedia. Manzoni con la tematica della Provvidenza.
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