I "Carabinieri" del Re di Napoli
Segnalo (senza aggiungere nulla, perbacco!), un ottimo studio che prendo pari pari dal numero di Febbraio del mensile Le Fiamme d'Argento, a cura dei veterani dell'Arma dei Carabinieri.
del Gen. Andrea Castellano
Nei secoli XVIII e XIX, in Italia, il moto migratorio non avveniva dal Sud verso il Nord, ma al contrario poiché, all’epoca, il Meridione d’Italia (in particolare la Campania e la Sicilia) per clima, bellezze naturali, fertilità della terra, stabilità politica ed abbondanza di manodopera, era diventato un angolo di paradiso per quanti desideravano una migliore qualità di vita o rendere più florida la loro posizione economica.
In questa corsa verso il Sud, i più numerosi furono gli svizzeri. I primi arrivarono nella seconda metà del settecento come mercenari. L’arruolamento, detto: «Capitolazione», avveniva direttamente con i rappresentanti dei vari Cantoni. I mercenari svizzeri per capacità, disciplina ed affidabilità,erano i più richiesti dai regnanti, anche dal Papa. Il 20 agosto 1859, il Generale napoletano (da non confondere con Ferdinando Nunziante, altro Generale, ma onesto, NDR) Alessandro Nunziante (Aiutante del Re e suo intimo consigliere) forse per togliere alla monarchia, in previsione del suo tradimento,truppe fedeli e bene addestrate convinse il Sovrano (Francesco II), a sciogliere tutti i Corpi svizzeri (quattro Reggimenti).
Il Re, tuttavia, su consiglio del Generale elvetico Giovan Luca Von Mechel (un Ufficiale coraggioso ed ostinato) istituì la Brigata «Von Mechel», composta da mercenari svizzeri ed articolata su tre Battaglioni di «Carabinieri». Questi, però, avevano in comune solo il nome, con quelli di Vittorio Emanuele II. È probabile che il Sovrano li volle chiamare così, anche perché affascinato dalla già nota validità di quelli piemontesi.
In ogni modo i Carabinieri del Regno di Napoli, non tradirono le aspettative di Francesco II perché si batterono come leoni, sui campi di battaglia ed in altre occasioni (evidentemente l’appellativo «Carabiniere» è ovunque e comunque sinonimo di dedizione, ardimento e forza d’animo). Il loro valore e fedeltà si manifestò,in particolare, il 28 maggio 1860 quando furono impiegati nei combattimenti a Corleone (Palermo) e nel Capoluogo siciliano (a Porta Termini).
Il 31 successivo, il vecchio Generale napoletano Ferdinando Lanza, nonostante una grande superiorità numerica firmò,incomprensibilmente (ma non molto, alla luce della sua minore fedeltà al Sovrano),la resa di Palermo e pochi giorni dopo quella della Sicilia. Tale capitolazione fu sfavorevolmente commentata anche all’estero ed il giornale umoristico francese:«Chiarivari», pubblicò un «cartoon»nel quale erano raffigurati un soldato, un ufficiale ed un generale dell’esercito borbonico. Il primo aveva la testa di un leone,il secondo quella di un asino ed il terzone era completamente privo. Dopo le«esperienze» siciliane, i Carabinieri napoletani fecero ritorno sul Continente combattendo, ancora una volta intrepidamente,a Caiazzo (Caserta), Dugenta (Benevento) ed a Maddaloni (Caserta). I loro ultimi scontri armati avvennero a Gaeta (Latina) dove tramontarono, definitivamente,le speranze di salvare il più antico Regno d’Italia. Anche in questa circostanza, nel caos generale, i Carabinieri del Re di Napoli agirono da protagonisti e superando numerose difficoltà scortarono, fino a Roma, personaggi di rilievo e fra questi il Generale Vial, Governatore di Gaeta e lo stesso Generale Von Mechel che, malato, aveva ceduto il comando della Brigata Carabinieri al Colonnello de Mortillet.
Nel XVIII secolo, gli svizzeri giunti nel Meridione d’Italia non furono solo mercenari, ma pure imprenditori, artisti, architetti,ricercatori, tecnici, banchieri,orologiai, commercianti ed anche pasticcieri. Questo spiega perché ancora oggi, in qualche città del Sud, troviamo aziende od esercizi commerciali con nomi della svizzera tedesca. Il caso più sensazionale è certamente quello del bernese Theodor Von Vittel, venuto nel Capoluogo Campano come tecnico ferroviario. Inseguito sposò Rosetta Inserillo, una graziosa «guagliona» partenopea figlia di un «maccarunaro» (produttore di pasta alimentare).Dopo il matrimonio, il sig. Von Vittel incominciò lavorare nell’azienda artigianale del suocero, sviluppandola sotto il profilo tecnico, senza trascurare la qualità del prodotto: i maccheroni! Infatti, mise in atto l’accorgimento, dimostratosi molto valido, di trafilarli con lo scirocco ed asciugarli con la tramontana. Quando la produzione del pastificio Von Vittel incominciò a diventare ragguardevole,l’interessato intuì che nel Meridione una pasta alimentare con un nome tedesco,non poteva aveva molto futuro e di conseguenza, nel 1879, «napolitanizzò» il nome in «Voiello», facendo tanta fortuna.
In conclusione, tra Carabinieri, artisti, imprenditori, pastai, ecc., gli svizzeri immigrati nell’Italia Meridionale hanno lasciato un buon ricordo, «onorato» anche dagli eredi che ancora vivono nell’«Eden» «scoperto» dai loro progenitori.
del Gen. Andrea Castellano
Nei secoli XVIII e XIX, in Italia, il moto migratorio non avveniva dal Sud verso il Nord, ma al contrario poiché, all’epoca, il Meridione d’Italia (in particolare la Campania e la Sicilia) per clima, bellezze naturali, fertilità della terra, stabilità politica ed abbondanza di manodopera, era diventato un angolo di paradiso per quanti desideravano una migliore qualità di vita o rendere più florida la loro posizione economica.
In questa corsa verso il Sud, i più numerosi furono gli svizzeri. I primi arrivarono nella seconda metà del settecento come mercenari. L’arruolamento, detto: «Capitolazione», avveniva direttamente con i rappresentanti dei vari Cantoni. I mercenari svizzeri per capacità, disciplina ed affidabilità,erano i più richiesti dai regnanti, anche dal Papa. Il 20 agosto 1859, il Generale napoletano (da non confondere con Ferdinando Nunziante, altro Generale, ma onesto, NDR) Alessandro Nunziante (Aiutante del Re e suo intimo consigliere) forse per togliere alla monarchia, in previsione del suo tradimento,truppe fedeli e bene addestrate convinse il Sovrano (Francesco II), a sciogliere tutti i Corpi svizzeri (quattro Reggimenti).
Il Re, tuttavia, su consiglio del Generale elvetico Giovan Luca Von Mechel (un Ufficiale coraggioso ed ostinato) istituì la Brigata «Von Mechel», composta da mercenari svizzeri ed articolata su tre Battaglioni di «Carabinieri». Questi, però, avevano in comune solo il nome, con quelli di Vittorio Emanuele II. È probabile che il Sovrano li volle chiamare così, anche perché affascinato dalla già nota validità di quelli piemontesi.
In ogni modo i Carabinieri del Regno di Napoli, non tradirono le aspettative di Francesco II perché si batterono come leoni, sui campi di battaglia ed in altre occasioni (evidentemente l’appellativo «Carabiniere» è ovunque e comunque sinonimo di dedizione, ardimento e forza d’animo). Il loro valore e fedeltà si manifestò,in particolare, il 28 maggio 1860 quando furono impiegati nei combattimenti a Corleone (Palermo) e nel Capoluogo siciliano (a Porta Termini).
Il 31 successivo, il vecchio Generale napoletano Ferdinando Lanza, nonostante una grande superiorità numerica firmò,incomprensibilmente (ma non molto, alla luce della sua minore fedeltà al Sovrano),la resa di Palermo e pochi giorni dopo quella della Sicilia. Tale capitolazione fu sfavorevolmente commentata anche all’estero ed il giornale umoristico francese:«Chiarivari», pubblicò un «cartoon»nel quale erano raffigurati un soldato, un ufficiale ed un generale dell’esercito borbonico. Il primo aveva la testa di un leone,il secondo quella di un asino ed il terzone era completamente privo. Dopo le«esperienze» siciliane, i Carabinieri napoletani fecero ritorno sul Continente combattendo, ancora una volta intrepidamente,a Caiazzo (Caserta), Dugenta (Benevento) ed a Maddaloni (Caserta). I loro ultimi scontri armati avvennero a Gaeta (Latina) dove tramontarono, definitivamente,le speranze di salvare il più antico Regno d’Italia. Anche in questa circostanza, nel caos generale, i Carabinieri del Re di Napoli agirono da protagonisti e superando numerose difficoltà scortarono, fino a Roma, personaggi di rilievo e fra questi il Generale Vial, Governatore di Gaeta e lo stesso Generale Von Mechel che, malato, aveva ceduto il comando della Brigata Carabinieri al Colonnello de Mortillet.
Nel XVIII secolo, gli svizzeri giunti nel Meridione d’Italia non furono solo mercenari, ma pure imprenditori, artisti, architetti,ricercatori, tecnici, banchieri,orologiai, commercianti ed anche pasticcieri. Questo spiega perché ancora oggi, in qualche città del Sud, troviamo aziende od esercizi commerciali con nomi della svizzera tedesca. Il caso più sensazionale è certamente quello del bernese Theodor Von Vittel, venuto nel Capoluogo Campano come tecnico ferroviario. Inseguito sposò Rosetta Inserillo, una graziosa «guagliona» partenopea figlia di un «maccarunaro» (produttore di pasta alimentare).Dopo il matrimonio, il sig. Von Vittel incominciò lavorare nell’azienda artigianale del suocero, sviluppandola sotto il profilo tecnico, senza trascurare la qualità del prodotto: i maccheroni! Infatti, mise in atto l’accorgimento, dimostratosi molto valido, di trafilarli con lo scirocco ed asciugarli con la tramontana. Quando la produzione del pastificio Von Vittel incominciò a diventare ragguardevole,l’interessato intuì che nel Meridione una pasta alimentare con un nome tedesco,non poteva aveva molto futuro e di conseguenza, nel 1879, «napolitanizzò» il nome in «Voiello», facendo tanta fortuna.
In conclusione, tra Carabinieri, artisti, imprenditori, pastai, ecc., gli svizzeri immigrati nell’Italia Meridionale hanno lasciato un buon ricordo, «onorato» anche dagli eredi che ancora vivono nell’«Eden» «scoperto» dai loro progenitori.
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