Una salvezza, una religione, un Dio
Per l'appunto. Pare invece che si voglia far credere che ci sia una via privilegiata di salvazione per gli Ebrei, i quali sarebbero esenti da ogni Redenzione; e non piuttosto dire e credere che i Padri veterotestamentari furono in realtà i primi "cristiani", poichè credenti nel Messia promesso e nella ricostituzione dell'ordine perduto nell'Eden. Genesi e Deuteronomio sono disseminate di fede "cristiana", poichè Abramo e Mosè sono ben consapevoli di essere passaggi di un percorso che consegnerà lo scettro di Giuda a colui a cui spetta.
E il monito di Gv 5, 45-47 è severo: Si enim crederetis Moysi, crederetis forsitan et mihi; de me enim ille scripsit.
Non cè spazio alcuno per divagazioni: l'ebraismo non esiste! La storia della salvezza è, nasce e si sviluppa come cristiana, come prefigurazione e tensione dinamica in Veritatem.
Io preferisco vederlo al contrario: l'ebraismo è il protocristianesimo.
E tuttavia, ritengo la nozione ebraismo tutta culturale e meramente politica; designa cioè non il popolo eletto (assunto smentito peraltro dalla genealogia matteana che annovera addirittura la moabita Rut; ma anche dalla stessa Genesi con l'insistenza sulla posterità e sulla universalità della salvezza, di cui è strumento o mediatore storico Abramo), ma una società che va configurandosi sempre più come nazione: appare quindi sempre più deformato il disegno divino primigenio di Redenzione in chiave nazionalista ed esclusivista.
L'elezione è la garanzia di una potestà, piuttosto che vocazione all'Eden perduto.
Nell'Apocalisse di Baruc e nel Talmud è presentata come imminente la venuta dell'Eletto di Dio che sbaraglierà i nemici d'Israele, a cui tutto il mondo dovrà sottomettersi.
Tacito scrive nelle sue Historiae:
Molti erano convinti che fosse scritto in antichi libri sacerdotali che intorno a quel tempo (parla della distruzione di Gerusalemme, ndr) l'oriente doveva divenire potente e i giudei impadronirsi del mondo (Hist., V-13).
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