L'interrogativo Sarpi
Il fatto è che ho sempre provato a capire cosa stesse nelle intenzioni del frate a muovere tanta acrimonia e sberleffi all'indirizzo della sua Madre. Confesso che questa mia è un accenno di risposta, nemmeno tanto dettagliato, nemmeno così comprensivo, poichè forse da affidarsi è alle nuove scienze psicologiche ciò che solitamente si è relegato alla macchina della storiografia.
Un uomo, un religioso, un teologo: cosa può muovere costui non già ad esprimere il dissenso (lo avevano fatto in tanti, come Lutero), ma, pur figlio di quella Madre che è la Chiesa, ad irridere con frizzi, lazzi, fiele, motteggiando su augusti Misteri?
Siamo all'indomani del Tridentino, e ieri l'altro v'era Lutero. Senza scendere nei dettagli grandiosi e nei contenuti santi di quel Concilio, che tutti conosciamo, fermo qui la tastiera a rendere conto di prìncipi benemeriti della Fede cattolica, così da capirci forse qualcosa di quello di cui sopra.
L'Italia stessa provò qualche brivido di febbre eretica, eppure la nostra penisola restò fedele alla Chiesa. Non mancarono inviti all'eresia in nome della libertà e della emancipazione della ragione, ma la ragione istessa, esclama Cesare Balbo, non certo aveva bisogno che venisse Lutero ad emanciparla dopo la ridente fioritura letteraria e scientifica, sponsorizzata, si badi, dalla Chiesa, del '300 e del '500.
Il merito di aver opposto barriere all'eresia spetta agli Ordini, vecchi e nuovi, agli apologisti, ai Pastori, agli Italiani stessi, così intimamente religiosi, così felicemente disposti (ahi, Italietta dei Santoro, Capezzone e Boselli...) a distinguere le istituzioni dalle persone. Pare sia un popolo euritmico, dall'espressione gioiosa e plastica dei sentimenti interni. Io ci credo.
E non vanno dimenticati i prìncipi cattolici che collaborarono fattivamente: il Duca Emanuele Filiberto e il figlio Carlo Emanuele I, i quali vegliarono sui Valdesi che abitavano da tempo le valli del Chisone e del Pellice. Ginevra per poco non fu assoggettata da Carlo Emanuele.
Vigili furono anche i Medici. Cosimo I meritò di essere incoronato granduca da Pio V.
La limitrofa repubblica di Lucca intimava ai lucchesi residenti all'estero di vivere da buoni cattolici; nota stonata fu però proprio quel Diodati, lucchese, autore di un'infedele versione della Bibbia.
La Spagna era pure allineata in questa santa battaglia; merito però offuscato dal pessimo suo governo, soprattutto in meridione (!); vicerè e governatori trattavano come terre di conquista province un tempo floride.
Venezia invece governava sapientemente i suoi popoli. Religiosissima, era anche gelosa nel tutelare le prerogative dello stato di fronte a privilegi e immunità ecclesiastiche. Inevitabile lo scontro con Roma, e con Paolo V.
La Serenissima esigeva il beneplacito del Doge per la costruzione di nuove chiese e nuove case religiose. Nel 1606 imprigionò due ecclesiastici per reati comuni, al che Paolo V intimò di consegnarli al nunzio sotto pena di scomunica.
Venezia non si piega; anzi invita il clero secolare e regolare di fregarsene. Tutti obbediscono tranne Gesuiti e Cappuccini (nati da poco però già pimpanti) che vengono dunque espulsi.
Ecco qui che interviene il nostro Paolo Sarpi: Venezia muove una straordinaria campagna di diffamazione e propaganda, affidando appunto al frate servita le sue ragioni, con la collaborazione dell'altro servita Fulgenzio Micanzio.
La propaganda del Sarpi è volgare e tutta inscritta nel filone indipendentista/ghibellino. Si volle insomma che Sarpi osteggiasse la Roma politica, la corte, la curia, non la Chiesa e la sua dottrina.
Ma in realtà, proprio perchè le strade dell'Inferno sono lastricate di buone intenzioni, i documenti della storia dimostrano che il cattolico Sarpi era in rapporto con gli eretici di Ginevra e tentò di introdurre a venezia il calvinismo.
La sua Storia del concilio tridentino non è una storia, è una parodia della più insigne assemblea degli ultimi secoli.
Perchè tanta acrimonia? Perchè proprio da un cattolico?
Siamo all'indomani del Tridentino, e ieri l'altro v'era Lutero. Senza scendere nei dettagli grandiosi e nei contenuti santi di quel Concilio, che tutti conosciamo, fermo qui la tastiera a rendere conto di prìncipi benemeriti della Fede cattolica, così da capirci forse qualcosa di quello di cui sopra.
L'Italia stessa provò qualche brivido di febbre eretica, eppure la nostra penisola restò fedele alla Chiesa. Non mancarono inviti all'eresia in nome della libertà e della emancipazione della ragione, ma la ragione istessa, esclama Cesare Balbo, non certo aveva bisogno che venisse Lutero ad emanciparla dopo la ridente fioritura letteraria e scientifica, sponsorizzata, si badi, dalla Chiesa, del '300 e del '500.
Il merito di aver opposto barriere all'eresia spetta agli Ordini, vecchi e nuovi, agli apologisti, ai Pastori, agli Italiani stessi, così intimamente religiosi, così felicemente disposti (ahi, Italietta dei Santoro, Capezzone e Boselli...) a distinguere le istituzioni dalle persone. Pare sia un popolo euritmico, dall'espressione gioiosa e plastica dei sentimenti interni. Io ci credo.
E non vanno dimenticati i prìncipi cattolici che collaborarono fattivamente: il Duca Emanuele Filiberto e il figlio Carlo Emanuele I, i quali vegliarono sui Valdesi che abitavano da tempo le valli del Chisone e del Pellice. Ginevra per poco non fu assoggettata da Carlo Emanuele.
Vigili furono anche i Medici. Cosimo I meritò di essere incoronato granduca da Pio V.
La limitrofa repubblica di Lucca intimava ai lucchesi residenti all'estero di vivere da buoni cattolici; nota stonata fu però proprio quel Diodati, lucchese, autore di un'infedele versione della Bibbia.
La Spagna era pure allineata in questa santa battaglia; merito però offuscato dal pessimo suo governo, soprattutto in meridione (!); vicerè e governatori trattavano come terre di conquista province un tempo floride.
Venezia invece governava sapientemente i suoi popoli. Religiosissima, era anche gelosa nel tutelare le prerogative dello stato di fronte a privilegi e immunità ecclesiastiche. Inevitabile lo scontro con Roma, e con Paolo V.
La Serenissima esigeva il beneplacito del Doge per la costruzione di nuove chiese e nuove case religiose. Nel 1606 imprigionò due ecclesiastici per reati comuni, al che Paolo V intimò di consegnarli al nunzio sotto pena di scomunica.
Venezia non si piega; anzi invita il clero secolare e regolare di fregarsene. Tutti obbediscono tranne Gesuiti e Cappuccini (nati da poco però già pimpanti) che vengono dunque espulsi.
Ecco qui che interviene il nostro Paolo Sarpi: Venezia muove una straordinaria campagna di diffamazione e propaganda, affidando appunto al frate servita le sue ragioni, con la collaborazione dell'altro servita Fulgenzio Micanzio.
La propaganda del Sarpi è volgare e tutta inscritta nel filone indipendentista/ghibellino. Si volle insomma che Sarpi osteggiasse la Roma politica, la corte, la curia, non la Chiesa e la sua dottrina.
Ma in realtà, proprio perchè le strade dell'Inferno sono lastricate di buone intenzioni, i documenti della storia dimostrano che il cattolico Sarpi era in rapporto con gli eretici di Ginevra e tentò di introdurre a venezia il calvinismo.
La sua Storia del concilio tridentino non è una storia, è una parodia della più insigne assemblea degli ultimi secoli.
Perchè tanta acrimonia? Perchè proprio da un cattolico?
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